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29 November 2012

Un vino “moderno” che non c’è più







































Qualche giorno fa, ho sacrificato sull’altare di casa mia – che non è altro che una penisoletta dove quotidianamente s’incontrano amorevolmente cibo e vino - l’ultima bottiglia di un vino che mi ha emozionato fin dai primi assaggi.


La vittima del sacrificio è stato il Valpolicella Superiore Monte Paradiso ‘97 dell’Azienda Agricola Baltieri (Mizzole -VR).

L’uvaggio è il solito, Corvina, Rondinella e Molinara in percentuali che possono variare in base all’andamento delle diverse annate.

L’unicità di questo vino è che stiamo parlando di un Valpolicella che, per quanto sia Superiore, ha 15 anni d’età e questi anni, credetemi, se li porta ottimamente, oserei dire in maniera straordinaria.

Il Valpolicella da sempre è stato considerato un vino da consumarsi nell’arco di qualche anno, certamente non destinato a lunghi invecchiamenti che invece contraddistinguono il vero re di quelle contrade, l’ Amarone.

Qui invece siamo di fronte ad un Valpolicella Superiore che è cresciuto in valore, in carattere ed in personalità di anno in anno abbattendo miti, credenze e false verità.

Al naso si presenta con una grande ricchezza e complessità di profumi che spaziano dalla marasca sotto spirito a note cioccolatose e di spezie dolci.

Ma certamente è in bocca che questo vino sorprende ancor di più.

E’ minerale, graffiante, molto sapido; una sapidità quasi sanguigna, ematica che sostiene una struttura ricca, densa, sostanziosa e succosa. Un vino ancora molto vivo dopo 15 anni con una bella freschezza a renderlo agile, vibrante, bevibile. Un vino che non stanca mai.

È uno di quei vini che potrebbe a pieno fregiarsi dell’appellativo “moderno” ove per moderno s’intende un vino poco alcolico, fresco, bevibile quotidianamente.

Ma, a mio avviso, questa definizione sarebbe troppo limitante per il nostro Valpolicella.

È un vino sicuramente attuale ma la sua modernità risiede nell’antica saggezza di chi l’ha concepito, del suo papà, del vignaiolo che con il cuore e la testa gli ha dato la vita.

Un vino quindi non solo di tradizione, ma neppure solo moderno. Direi semplicemente un grande Valpolicella Superiore come non ce ne sono e forse non ce ne saranno più.

Per me era l’ultima bottiglia di pochissime in mio possesso e questo Valpolicella – notizia ferale – purtroppo non è più in produzione da qualche anno.

L’azienda ha deciso di dedicarsi in toto all’Amarone ed al suo fratello dolce, il Recioto.

Ciò che ancora c’è di Valpolicella viene venduto come vino sfuso e questo è significativo di una tradizione radicata nel veronese che interpreta proprio il Valpolicella come vino di tutti i giorni, immediato, facile, da bersi senza farsi molti problemi di affinamento o invecchiamento.

Questa era ed in parte è ancor oggi, la consuetudine locale nell’interpretazione del vino Valpolicella.

Ecco perché imbattersi in un Valpolicella Superiore di 15 anni che ancora sgambetta come un bambino, è una esperienza da condividere perché rappresenta semplicemente un “unicum”.

Resta il rammarico per non aver più la possibilità di seguirlo negli anni, per aver perso un grande protagonista di quel territorio.

Tuttavia è viva la speranza di incontrarlo di nuovo un giorno, magari frutto di un saggio ripensamento del viticoltore desideroso di far rivivere un vino che in passato tanto ha parlato di quella feconda terra che cinge Verona.

In bocca al lupo quindi, vignaiolo Baltieri, ed un caro arrivederci al suo Valpolicella Superiore Monte Paradiso.










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